Qualcuno alla vigilia aveva detto che alle spalle dei tre candidati presidenti non c’erano i candidati forti in grado di “militarizzare” il voto. Che tranne qualcuno, non c’era più il “capo bastone”: gente cioè in grado di spostare con un solo schiocco di dita pacchetti di voti.
La riprova di questo la si ha analizzando i voti di vicepresidenti e rispetto a quelli delle passate elezioni.
Partiamo da Levico quando Di Rocco ottenne 144 preferenze personali. I tre eletti furono.
DANIELA ISETTI con 112 voti
GIOVANNI DUCI 100 voti
MICHEAL GAMBA 84 voti
Quattro anni più tardi, a Rovereto, Di Rocco ottenne 125 voti e i tre vicepresidenti furono:
DANIELA ISETTI 100 voti
ROCCO MARCHEGIANO 88 voti
MICHEAL GAMBA 82 voti.
Vediamo ora a quest’anno quando Dagnoni ha ottenuto 128 voti:
CARMINE ACQUASANTA 77 voti
RUGGERO CAZZANIGA 63 voti
NORMA GIMONDI 63 voti.
Dunque, i primi tre di quest’anno, negli anni passati non sarebbero neanche stati eletti. Non sono quindi loro ad aver portato i voti al candidato presidente, ma forse sono stati loro a sfruttare i suoi.
Una ulteriore riprova di tutto questo sta nel fatto che ben sette componenti del Consiglio Federale siano lombardi. Sono lontani i tempi dei pizzini in cui veniva eletto magari un siciliano, perchè la Sicilia appoggiava compatta il presidente.
Non è certamente un caso che chi aveva capito prima di tutti questo cambiamento abbia portato il proprio candidato alla vittoria. Chissà se gli altri avranno capito l’errore e se tra quattro anno sapranno farne tesoro?